“Acquisizione di disponibilità da parte di cittadine per la nomina di Assessore del Comune di Cercemaggiore per il Mandato Amministrativo 2019/2024”. Questo il titolo dell’avviso pubblico con cui il neoeletto Sindaco di Cercemaggiore Gino Mascia si rivolge ai suoi concittadini o, per meglio dire, alle sue concittadine: scadono oggi i termini per presentare la propria candidatura ad assessore (o meglio assessora), visto che, nel rispetto del dettato normativo, è necessario assicurare la rappresentanza di entrambi i generi nell’organo esecutivo. Le cosiddette “quote rosa”.
Il Sindaco, che aveva inizialmente provveduto a nominare 4 assessori, ricorre quindi ad un vero e proprio casting per risolvere un problema abbastanza annoso: la squadra dei consiglieri comunali recentemente eletti è infatti composta da soli uomini, anche perché,vista la legge 56/2014, per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, non esiste obbligo di inserire candidate donne nelle liste.D’altro canto, nel comporre la giunta, ha la necessità di rispettare la norma secondo cui, per i Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, “nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”. Sempre secondo la norma, nel computo della percentuale va incluso anche lo stesso Sindaco, in quanto componente della giunta. Il problema dei Comuni con popolazione inferiore o superiore ai 3.000 abitanti è comunque superato dagli artt. 6, 46 e 47 del TUEL che di fatto li equipara, anche nel rispetto dell’art. 51 della Costituzione che sancisce proprio il principio generale delle pari opportunità. Si può quindi affermare che oggi tutti i Comuni, a prescindere dalla loro dimensione demografica, debbano garantire la presenza di entrambi i sessi nella composizione della giunta.
Quella del Sindaco Mascia non è comunque un’iniziativa del tutto originale, ma per certi versi “indotta”: relativamente al Comune di Vietri di Potenza una sentenza della Prima sezione del TAR Basilicata, datata 4 aprile 2018, ha infatti dichiarato “illegittima la nomina della giunta comunale, composta da due soli assessori di sesso maschile, in violazione delle c.d. quote rosa”. Ma la sentenza non si limita al mero giudizio di legittimità e si spinge parecchio oltre indicando anche la soluzione: quella cioè di “indire un apposito avviso pubblico finalizzato all’acquisizione dell’interesse di donne, appartenenti al partito politico o alla coalizione di partiti che hanno vinto le elezioni comunali, a ricoprire la carica di assessore, le quali condividano il programma della lista capeggiata dal sindaco”. Non può quindi escludersi a priori l’impossibilità di assicurare nella composizione della giunta la presenza dei due generi, ma questa deve risultare da un’accurata e approfondita “istruttoria” che specifichi le ragioni che hanno impedito il rispetto della normativa in materia di parità di genere.
Come si vede, quindi, la questione è alquanto confusa. Da un lato non si impone, all’atto della presentazione delle liste, la presenza di candidate donne, dall’altro si obbliga il Sindaco eletto a rispettare, nell’atto di nomina degli assessori, le c.d. quote rosa. E se il casting non andasse a buon fine? E se nessuna donna dotata dei requisiti specifici fosse disposta ad accettare il decreto di nomina? E se ancora, una volta accettata la nomina, decidesse di rimettere l’incarico? Cosa dovrebbe fare il Sindaco, indire un altro avviso pubblico? E poi un altro ancora? Oppure dovrebbe dimettersi dopo essere stato regolarmente eletto nel rispetto della sovrana volontà popolare? In ogni caso questa norma limita fortemente la discrezionalità del Sindaco eletto impedendogli di scegliere liberamente la sua squadra in modo completamente autonomo. Ovviamente il discorso è valido anche al contrario: una Sindaca che volesse avvalersi della collaborazione di tutte donne in giunta comunque non potrebbe farlo nel rispetto dell’arbitraria e cervellotica quota del 40%. Si tratta di un vero e proprio cortocircuito legislativo, di carattere nazionale, a cui va obbligatoriamente e rapidamente posto rimedio: è auspicabile e necessario un intervento del legislatore per chiarire e uniformare la materia in modo tale da evitare ricorsi, lunghi tempi di attesa, sentenze dei giudici amministrativi e conseguenti paralisi amministrative di Comuni in cui si sono svolte regolari elezioni.